Risorse di sopravvivenza

“Io cerco semplicemente di combattere come fanno tutti gli altri e di rimanere vivo in un mondo che non ti vuole vivo”

Marilyn Manson

Quando le persone si rivolgono allo psicologo, spesso si raccontano come sbagliate, inadeguate, cattive, fallimentari. Per molte di loro è stupefacente scoprire che quelli che considerano i loro peggiori difetti, sono state, in realtà, le loro risorse di sopravvivenza. Da bambini, infatti, tutti noi ci siamo trovati in situazioni difficili e abbiamo dovuto decidere come cavarcela. Per alcuni bambini può essere stato particolarmente difficile perché hanno sperimentato eventi traumatici o non hanno ricevuto le cure e le attenzioni di cui avevano bisogno. Una malattia importante, un lutto, la perdita del lavoro, una separazione, violenze domestiche e abusi possono trasformare l’ambiente familiare in un luogo ostile dove l’unica cosa che il bambino può fare è cercare di sopravvivere. Questi piccoli eroi si applicano con tutte le loro forze e utilizzano tutte le loro energie per non essere sopraffatti dalla paura e dal dolore. Sono strategie per la vita di cui devono essere fieri perché hanno permesso loro di affrontare le avversità dell’esistenza. Col tempo queste strategie sono diventate automatiche. Così, molti anni dopo, ogni volta che accade qualcosa che anche solo lontanamente ricorda gli eventi passati, questi adulti reagiscono come hanno imparato a fare da piccolini.
Le risorse di sopravvivenza sono fondamentalmente di tre tipi: ipercompensazione, evitamento e resa.
L’ipercompensazione è una tattica che troviamo spesso nel mondo animale. Avere presente un gattino che rizza il pelo e soffia per apparire più grande di fronte a un pericolo? Alcune persone hanno imparato a difendersi proprio allo stesso modo. Si sentono piccole, indifese, in pericolo e allora si comportano come se fossero invincibili. Utilizzano la prepotenza, la minaccia, a volte la violenza per tenere lontane le persone che li spaventano. Pensiamo ai tanti episodi di bullismo che si verificano nelle nostre scuole? Il bullo è spesso un bambino spaventato che non ha altri strumenti per difendersi dalla sua paura se non l’aggressività.
L’evitamento è fuga da tutto quello che in qualche modo ci minaccia e ci spaventa. Evitiamo cosi persone, situazioni, ambienti e ci rifugiamo in una solitudine fatta a volte di libri, letture, giochi, ma anche alcool e sostanze.
La resa è una protezione che si basa sulla percezione di sé come inadeguato e incapace. Sentirsi così ci fa percepire gli altri come potenziali aggressori invincibili. Ma c’è un modo per salvarsi: compiacere, lusingare, accontentare, anticipare i desideri.
Tutti noi utilizziamo queste strategie, in qualche misura, ma per alcuni di noi è stato così grande il pericolo  e così forte la necessità di sopravvivere che una o più di queste strategie sono diventate la modalità prevalente di relazionarsi con il mondo, anche se i pericoli di allora non esistono più.
La scelta di seguire un percorso psicoterapeutico è raccogliere la sfida di volersi rituffare nel mondo per guardarlo con occhi nuovi, liberi da pregiudizi, scoprendo così che si possono trovare tanti altri modi per esistere.
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