Un mondo pieno di regole. Quattro parole per orientarsi.

Dobbiamo imparare bene le regole in modo da infrangerle nel modo giusto.
(Dalai Lama)

I primi giorni di scuola sono fondamentali per insegnare ai bambini come stare in classe, come organizzare il lavoro, come rispettare le regole.

Già, le regole. Le aule si stanno riempiendo di cartelloni con l’elenco di cosa non si deve fare, di come ci si deve comportare, delle possibili conseguenze della trasgressione. Sembra che queste regole siano così difficili da imparare che devono essere ribadite ogni anno, dai primi giorni di scuola materna all’ultimo anno della scuola superiore. Come mai c’è bisogno di tutto questo? Certo, cambiando i contesti, cambiano le regole, ma a ben guardare, ci si accorge che le regole sono più o meno sempre le stesse.

A me sembra che tutto questo lavoro sulle regole contenga in sé un grosso limite: spesso le regole sono elaborate dall’adulto che si aspetta un’adesione automatica dello studente, sia esso bambino o adolescente, senza che ci sia alcuna discussione sull’utilità di rispettare le regole.

Le regole, infatti, nascono dalla necessità degli individui di gestire un contesto sociale in modo da garantire la libertà personale senza ledere le libertà altrui. Sono una possibilità, prima di essere un limite, una possibilità che va però negoziata con gli altri.educare

Ci sono quattro parole chiave che ci possono guidare nella difficile condivisione delle regole.

Prima parola chiave: negoziazione. Anche i bambini molto piccoli sono in grado di esprimere i propri bisogni, di comprendere quelli degli altri, di concordare come conviene agire nelle diverse situazioni, l’importante è mettersi d’accordo e trovare tutti un senso nel rispetto della regola. A scuola bisognerebbe spendere molto tempo per individuare le regole utili al gruppo e per renderle proprie e significative. La regola calata dall’altro non la significa niente e nella migliore delle ipotesi, viene ignorata.

Seconda parola chiave: comportamento. La regola non deve esprimere finalità astratte, dichiarazioni d’intenti, principi generali come “rispettare i compagni”, “voler bene”, “aiutare”. La regola deve descrivere un comportamento concreto, direttamente osservabile, che il bambino possa manifestare con una certa facilità. E mi raccomando, sempre il comportamento da manifestare, non quello da evitare. Ad esempio: “camminare lentamente nel corridoio” piuttosto che “non correre”, “parlare sottovoce” piuttosto che “non urlare”, “condividere il proprio materiale con il compagno” piuttosto che “collaborare”.

Terza parola chiave: conseguenze. Nel momento in cui tutti abbiamo concordato delle regole, dobbiamo sapere che esistono delle conseguenze se non vengono rispettate. Le conseguenze non sono una punizione, ma l’effetto della scelta di non rispettare una regola precedentemente condivisa con il gruppo. L’adulto ha la responsabilità di gestire le conseguenze. Ricordiamo che bambini e ragazzi hanno un forte senso della giustizia e si aspettano rigore e coerenza da che deve sanzionare un comportamento sbagliato.

Quarta parola chiave: trasgressione. Le regole sono importanti finché sono utili. Se col tempo non sono più adeguate al contesto in continua trasformazione, bisogna avere il coraggio di metterle in discussione, chiederne il cambiamento e, se necessario, attivare azioni di protesta e disobbedienza.

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